Sono 197mila gli ettari di campi dell’area Natura 2000 letteralmente ‘mangiati’ dalle erbe infestanti, divenute resistenti a qualunque trattamento, che soffocano grano duro e tenero, compromettendo gravemente il raccolto, con il rischio che la situazione si aggravi irrimediabilmente, mentre nel Parco Nazionale del Gargano c’è un incremento dei danni alle colture e alle produzioni a causa di patogeni e fitofagi, contrastabili con l’abbruciamento degli scarti di potatura degli ulivi. E’ la denuncia di Coldiretti Puglia che chiede la convocazione urgente di un tavolo tecnico regionale con l’Assessore regionale all’Ambiente Stea per affrontare in via definitiva sul territorio regionale nelle aree protette e nell’area Natura 2000 il delicato tema della bruciatura dei residui di potatura e delle stoppie, unico vero metodo di lotta agronomica effettivamente valido e che consente al contempo di ridurre ed eliminare l’uso di antiparassitari chimici, di accertata nulla utilità.
“L’impossibilità di ricorrere alla bruciatura delle stoppie, pratica vietata dai regolamenti comunitari in quelle aree, ha moltiplicato le erbe infestanti, rendendo inutile il ricorso al diserbo e a qualunque intervento fungicida, che comunque va ridotto ai minimi per tutelare l’ambiente. Per questo è necessaria la deroga da attuarsi attraverso la modifica della legge regionale, proposta già presentata all’Assessore all’Ambiente Stea, che consenta di bruciare le stoppie e i residui di potatura nelle area Natura 2000 e nei Parchi, perché il problema è diffuso su un’area estesa, pari al 12% della superficie agricola complessiva non consente di porre rimedio all’infestazione progressiva del suolo agricolo”, denuncia Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.
Le tipologie colturali più rappresentate nell’ambito delle aree Natura 2000 sono costituite da seminativi (134.347,13 ha), colture legnose agrarie (34.232,11 ha), prati e pascoli (64.812,89 ha), rileva Coldiretti Puglia.
“La tecnica della bruciatura delle stoppie non solo non toglie fertilità al terreno, come dimostrato da numerose pubblicazioni scientifiche, non compromette la presenza della fauna selvatica e risulta pressoché indispensabile alla preparazione dei terreni e a garantire la monosuccessione dei cereali in tali aree. Inoltre, è molto valida sul piano della eliminazione di patogeni ed infestanti in genere, anche e soprattutto per l’agricoltura biologica. Tra l’altro, nelle nostre zone non si possono effettuare arature profonde per la presenza di rocce che rendono impossibile l’interramento di residui colturali. Con la bruciatura delle stoppie, le minori lavorazioni avrebbero, tra l’altro, un impatto positivo sull’ambiente, perché contribuiranno a ridurre l’emissione di 2 milioni di chilogrammi di CO2 nell’atmosfera”, aggiunge il delegato confederale di Coldiretti Foggia, Pietro Piccioni.
La pratica del ringrano è utilizzata nelle aree interne non irrigue, difficili e marginali e dove il frumento (o le graminacee in genere) rappresenta, al momento, l’unica coltivazione effettuabile – secondo Coldiretti Puglia - ed in grado di fornire reddito all’impresa agricola. Sul piano agronomico, in zone che da un punto di vista agro-ecologico vengono definite caldo-aride, la tecnica ha la funzione, quasi indispensabile, di consentire una migliore tenuta “in tempera” dei terreni, onde facilitare le lavorazioni e la successiva utilizzazione agronomica del suolo per una nuova coltura agraria.
Le colture intercalari (o ripetute) vengono, invece, praticate nelle aree irrigue dove, dopo la raccolta del grano (entro giugno) quale coltura principale, si procede all’eliminazione dei residui colturali (stoppie) e alla successiva introduzione di una coltura ortiva in pieno campo (es. broccolo, cavolo, ecc…), intercalare appunto, prima della semina di una nuova coltura principale – conclude Coldiretti Puglia - con un positivo ritorno in termini di giornate lavorative e di reddito per il comparto e con evidenti miglioramenti delle caratteristiche chimico-fisiche-biologiche del terreno.