Gregori Nalon in una foto curiosa, ci racconta Emotional Food
Emotional Food ne parliamo con Gregori Nalon. Lo avevamo già conosciuto durante il Sigep, ma oggi in una piacevole intervista con Maria Giovanna Labruna, si mette sottovento e, a cuore aperto ci parla di lui e del suo concetto di “Emotional Food”. Presto, sarà ospite fisso nella nostra rubrica dedicata al Food e avremo così occasione di condividere con un guru della cucina, qualche ricetta e qualche gustosissimo segreto.
Un 2020 pieno di sogni per Gregori Nalon
Un 2020 pieno di sogni da realizzare, con tante idee e con innovazione.
Con l’uscita del primo lavoro editoriale si realizza un sogno chiuso nel cassetto da anni.
Quella di oggi è una di quelle interviste che partono con un tono rilassato, pacato con la voglia di raccontare e raccontarsi.
Lo chef Gregori Nalon si è rivelato a 360 gradi, parlando non solo della sua attività (già nota al grande pubblico) bensì pure dell’innovazione che si fonde con la tradizione in cucina. La novità di quest’anno è l’avvio di un’iniziativa editoriale.
Sicuramente lo chef veneziano è conosciuto dal pubblico televisivo grazie alla trasmissione “La prova del cuoco” di Rai Uno
e “Piatti & Misfatti” di Alice Tv.
Già apprezzato e stimato dagli addetti ai lavori da tantissimo tempo. In quanto è considerato uno dei più importanti chef di cucina, profondo conoscitore e comunicatore delle tecnologie applicate alla ristorazione, impegnandosi da anni nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie, nella sperimentazione, nelle consulenze di cucina per la formazione tecnica delle ricette e la formazione del personale. Scrivono di lui: “Gregori è un “cuoco” dalle mille sfaccettature, dalle inesauribili idee, dalle decine di iniziative.
Con lui la cucina e soprattutto la professione del “cuoco” non si ferma al piatto o alla ricetta ma “vola” verso le più alte sfere dell’emotività e della creatività massima, passando per lo studio della tecnica, all’innovazione fusa con la tradizione e l’attenzione alle emozioni, con il così detto Emotional Food”.
L’intervista alla scoperta dell’Emotional Food
Una domanda che tanti le avranno fatto ma sempre attuale per capire meglio da dove partiamo. Come nasce questa grande passione per la cucina?
Nasce per caso, ovvero la cucina mi piaceva da piccino, facendo esperimenti soprattutto a casa di mamma, bruciando qualche pentola, ma il tutto nasce per sfida nel trovare un lavoro immediato che mi potesse dare qualche soldino per acquistare il mio primo motorino. Subito dopo l’iscrizione all’alberghiero, e la mia prima stagione estiva a lavorare, con un coinvolgimento passionale a questo mestiere.
Dopo tanta gavetta in Italia finalmente le grandi esperienze all’estero. Parliamo proprio di queste esperienze: differenti culture culinarie e antropologiche. Che impatto hanno avuto nei confronti della sua cucina?
In realtà ho fatto esperienze estere di varie sfumature, sempre all’insegna della formazione, ricordo in Sud Africa, Grecia, Spagna, Romania, Svizzera, Slovenia, Repubblica Ceca, Ungheria, Inghilterra, Danimarca, Romania, Francia, e forse qualche altro paese che non ricordo più. Tutto questo porta a conoscere ed assimilare tecniche, situazioni, mentalità e modi di pensare diversi. Il tutto crea una formazione personale non indifferente. Lo studio approfondito poi della cultura orientale come la cucina dei 5 elementi (mi vede attualmente il primo ed unico cuoco che in Italia ha modificato e che pratica tale disciplina), mi ha fatto ampliare la mia cultura, il mio modo di pensare, creare in tempi velocissimi, proprio perché mentalmente ho assimilato schemi e mappe culinarie uniche nel loro genere.
Tornando all’Italia e alla cucina italiana, esiste un concetto che può catturarne l’essenza o un tratto particolare che la identifica?
Come spesso dico nei miei seminari, la mia logica ed il mio concetto non ha paragoni, perché nasce da me, quindi ne detengo il primato, lo studio della dottrina cinese, la cultura orientale, le mappe e schemi culinari, ne fanno una originale ideologia di cucina ed una unica semplificazione dei processi lavorativi.
Quali sono gli ingredienti che utilizza più spesso? Utilizza tutta la “tavolozza dei colori”?
Direi che non ci sono ingredienti che utilizzo di più o di meno, ma di quelli che conosco ovviamente li utilizzo tutti. Sostanzialmente il mio variare di ingredienti varia da dove sono a fare formazione e consulenze in quanto ogni luogo che visito ha già di suoi ingredienti precisi, diversi e unici. Per quanto riguarda la tavolozza dei colori…. Beh! Con la cucina dei 5 elementi non si può non valorizzare questo aspetto.
Lei ha parlato della cucina dei 5 elementi + 1. Di cosa si tratta?
La cucina dei 5 elementi + 1 nasce dalla cultura cinese, cultura orientale, e non significa usare cose strane, fare ricette improponibili, ma significa utilizzare un concetto, uno schema, un insieme di semplici regole che se messe in atto ne fanno di ogni ricetta un piatto infallibile.
La cucina dei 5 elementi + 1, ricopre tutti gli aspetti che il nostro corpo, la nostra mente hanno bisogno, toccando l’aspetto cromatico, sensoriale, sollecitando tutti gli organi.
Non sto parlando della solita cosa che si sente dire, qui siamo su livelli di sviluppo mentale, interiore, molto più profondo e più intenso.
I 5 elementi + 1, significa che sono io o voi, ovvero, io vi posso dare tutti gli scemi o mappe gastronomiche mentali, ma sarete solo voi l’elemento creativo in più.
Qual è il suo piatto preferito nel nuovo progetto editoriale?
Non esiste “un” piatto, ma esistono una serie di nuovi concetti, di nuovi “schemi” mentali culinari, che portano ad avere tutte le ricette uniche.
La ricetta che la rappresenta di più in questo suo primo libro?
Tutte. Perché sono scritte con i miei sentimenti, passioni e vicende che in varie situazioni della mia vita hanno portato a scrivere tutto ciò.
A casa cucina lei?
Direi di sì. Abitando da solo, ne sono obbligato. Scherzi a parte se sono a casa mia i fornelli sono miei, se sono dai genitori o amici, mi metto da parte e rispetto chiunque cucina, perché unico nella sua modalità, cultura, passione.
Qual è secondo lei la nuova tendenza della cucina?
La semplificazione dei processi di lavoro, la semplificazione delle lavorazioni e la valorizzazione in purezza dell’ingrediente.
Ritorneremo a mangiare con le mani, dobbiamo riprenderci la nostra cucina, dobbiamo assaporare un cibo toccandolo con le mani (dove possibile), tipo una frittella, una crocchetta, un cosciottino di pollo, insomma tutto quanto si può.
Siamo in un’era dove tutto è tagliato, tutto è sbucciato, ma vogliamo mettere la soddisfazione di mordere una mela con i denti direttamente? Mangiare una costina di maiale alla griglia con le mani? Assaporare una fetta di torta con le mani? Ci sono sensazioni, emozioni, che legate al cibo ed all’ambiente in cui siamo in quel momento non hanno uguali. Non scordiamoci che la missione futura di chi fa il mio lavoro sarà insegnare ai ragazzi a fare un ragù di carne, un sugo al pomodoro, un cannellone, una lasagna, una bistecca perfetta, e molto altro. Tutti fenomeni a fare spume, aria e cialde, ma poi i locali che lavorano effettivamente sono quelli che realizzano piatti tradizionali secondo la cultura enogastronomica italiana.
Lo chef Gregori Nalon è stato il primo a creare in Italia la figura del Cooking Strategist. Ci può spiegare di cosa si tratta?
Cooking Strategist, ovvero colui che trova le strategie migliori nelle aziende (ristoranti, bar, hotel, e tutto quanto fa ristorazione).
Questa figura nasce dopo anni di esperienza, dopo aver compreso e processato gli schemi mentali culinari, dopo aver fatto una esperienza in tutti i settori lavorativi del nostro ramo.
Sostanzialmente il Cooking Strategist, interviene in modo completo nelle cucine, collabora con gli chef o con i titolari, trova le giuste strategie, le giuste linee guida per creare business efficace, duraturo, professionale. Saper cucinare al giorno d’oggi non basta più, anzi, diventa un aspetto complementare che deve andare di pari passo con la gestione della struttura e principalmente la gestione di noi stessi, cosa più difficile da farsi.
Cos’è “l’Emotional Food”?
Emotion Food è una filosofia, un concetto da me ideato.
Sono corsi fatti in team, ma anche one-to-one, dove io guido tale concetto, attraverso varie sfumature, tocco varie leve emozionali, portando lo chef che partecipa a capire determinate condizioni mentali che fanno capire come gestire le emozioni personali, come detto le più difficili.
Le ricette hanno un aspetto emozionale, che arrivano direttamente al cuore di chi legge. Tali frasi, concetti, sono scritti per essere parte di ognuno. Chiunque legge una ricetta fatta con la filosofia Emotional Food, sentirà sua quella ricetta, perché tocca profondamente ogni aspetto che tutti noi abbiamo.
In un recente articolo è stato definito “Perseverante o testardo. Appassionato o maniacale”. Lei come si definirebbe?
Credo che nel dire il mio nome Gregori Nalon, sia chiaro che sono racchiusi tutte questi aggettivi che mi sono stati accollati. Chi mi conosce profondamente sa che sono una persona costante su ciò che credo, resto fermo nelle mie ideologie e pensieri proprio perché arrivano dopo una gavetta e tanto studio.
Non è facile entrare nel mio mondo, ma chi ci entra ne ha sempre tratto benefici.
In cucina c’è poco spazio per chi non segue le regole, per chi non osa e per chi si sente già arrivato.
Il nostro lavoro è durissimo se visto come lavoro, ma è semplicemente passionale e magico se è visto come hobby.
Cosa si sente di dire a chi sta muovendo i primi passi in cucina?
Se volete essere dei grandi Chef di cucina, fate tantissime esperienze. Provate di tutto, fate i cuochi, i camerieri, lavorate in ricevimento, fate i macellai, i pescatori, i contadini, studiate veterinaria, studiate scienze dell’alimentazione, fate i panettieri, pasticceri, gelatai, aprite un’attività culinaria in proprio, sperimentate, fate cucina scientifica, andate all’estero, cambiate tipologia di locali da trattorie, da stellati, in pizzerie, ristoranti, hotel, non guardate le ore di lavoro, non guardate le feste, andate in tv, fate gare, competizioni, mettetevi in discussione, insomma fate più esperienze possibili, e tutto questo se potete in pochissimi anni non più di 10/15, solo cosi potrete un giorno diventare dei Cooking Strategist..
Per il resto fare lo chef di cucina è meraviglia.
Intervista realizzata dalla giornlista Maria Giovanna Labruna