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CONSUMI: ARRIVA L’OLIO NUOVO IN PUGLIA

La redazione • 14 ottobre 2020

DIMEZZATA PRODUZIONE (-48%) MA LA QUALITÀ E' ECCELLENTE

Al via ufficialmente la campagna olivicola in Puglia, caratterizzata dalla produzione di olive di qualità eccellente ma dimezzata del 48% a causa del clima pazzo, dal maltempo alla siccità, senza dimenticare gli effetti della Xylella che ha di fatto devastato gran parte degli uliveti del Salento. E’ quanto emerge da un’analisi di Coldiretti Puglia e Unaprol, in occasione del via alla raccolta delle olive in Puglia nella Piana degli Ulivi Monumentali, a Monopoli nell’azienda agricola Barnaba dove è stato presentato il rapporto “L’olio pugliese al tempo del Coronavirus”, con l’arrivo del primo olio nuovo Made in Puglia del 2020, particolarmente atteso in un anno segnato dall’emergenza coronavirus che ha sconvolto produzione e mercati.  

“Il settore oleario è forse quello che ha resistito meglio all’emergenza sanitaria, con un calo solo del 2% delle esportazioni di olio extravergine pugliese all’estero nei primi 6 mesi del 2020, quando la domanda estera di olio imbottigliato è arrivata soprattutto dagli Usa (+28) e dalla Francia (+42%)”, ha affermato il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia, presentando le previsioni della campagna olearia 2020/2021 con il direttore regionale, Pietro Piccioni e il nuovo Assessore regionale all’Agricoltura, Donato Pentassuglia.

Anche se bisognerà fare i conti con il clima, si stima – sottolinea Coldiretti Puglia – una produzione di circa 101mila tonnellate rispetto alle 194mila tonnellate dell’annata precedente, in una regione dove si concentra oltre il 50% della produzione olearia nazionale.  

“La sensibile flessione quantitativa della produzione è accompagnata da ottima qualità e ciò deve portare – ha insistito il presidente Muraglia - ad un recupero dei prezzi che l’anno scorso sono stati spesso deludenti. A livello regionale e nazionale vanno programmate e realizzate campagne quinquennali di comunicazione, strutturali e adeguatamente finanziate, che promuovano in maniera strategica e coordinata il prodotto simbolo della Puglia che è l’olio extravergine. Il settore ha bisogno di liquidità e sostegno senza burocrazia”, aggiunge Muraglia.

Nella culla della produzione olivicola e olearia delle province di Bari e BAT la siccità e il maltempo – stima Coldiretti Puglia - hanno ridotto le produzioni rispetto all’anno scorso del 30% nella zona costiera di Barletta, Trani, Bisceglie e il calo del 60% nella zona interna di Andria, Palo del Colle, Bitetto, con qualità alte.

Qualità straordinaria in termini di qualità – aggiunge Coldiretti - ma con un calo della produzione del 50% in provincia di Foggia, dove le olive risultano decisamente più grandi rispetto alla media e sono giunte a maturazione in leggero anticipo rispetto al consueto.

Si profila una ottima annata in provincia di Brindisi con un aumento del 40% della produzione di olive – insiste Coldiretti Puglia - nonostante l'avanzamento verso nord della Xylella, con piante positive e sintomatiche, che in alcune zone della parte sud della provincia sono già particolarmente evidenti.

La provincia di Taranto risente in alcun aree degli effetti della violenta grandinata del 4 luglio, mentre nei restanti comprensori la qualità è buona e la produzione non ha subito variazioni rispetto allo scorso anno.

A causa della Xylella fastidiosa sono andate perse 3 olive su 4 in provincia di Lecce con il crollo del 75% della produzione di olio di oliva anche nell’annata 2020. E’ il risultato dell’analisi elaborata da Coldiretti Puglia che fotografa uno scenario a tinte fosche, dove il crollo produttivo ha subito un crollo incontrovertibile dal 2015 ad oggi. Agricoltori senza reddito da ormai 7 anni, milioni di ulivi secchi, frantoi svenduti a pezzi in Grecia, Marocco e Tunisia, 5mila posti di lavoro persi nella filiera dell’olio extravergine di oliva, con un trend che rischia di diventare irreversibile – denuncia Coldiretti Puglia – se non si interviene con strumenti adeguati per affrontare dopo anni di tempo perduto inutilmente il ‘disastro colposo’ nel Salento e rilanciare la più grande fabbrica green italiana.

“Diffondere la cultura dell’olio extravergine di oliva fra i consumatori e supportare la crescita continua della filiera dell’olio è il nostro obiettivo – aggiunge il presidente Muraglia – perché i consumatori sono affamati di informazioni e conoscenza sul mondo dell’olio. In Puglia aziende agricole e frantoi hanno saputo cogliere gli spunti positivi offerti dal mondo del vino, abile nell’attività di marketing e di grande promozione delle etichette pugliesi a livello nazionale e internazionale. Da qui stanno nascendo sale di degustazione all’interno delle aziende olivicole e dei frantoi, il packaging sta divenendo sempre più ammiccante, sta salendo il livello qualitativo degli oli”, tiene a precisare il presidente Muraglia.

“E’ un percorso virtuoso che va alimentato e implementato ed è per centrare l’obiettivo - necessariamente corale - della promozione dell’olio che è nata la Evoo School Italia – ha spiegato il presidente Muraglia - la scuola dell’olio promossa da Unaprol, Coldiretti e Campagna Amica a Roma in via Nazionale, dotata di una sala panel per l’analisi sensoriale degli oli conforme alle linee guida del C.O.I., aule corsi, sale riunioni e tutte le attrezzature tecniche e logistiche necessarie allo svolgimento delle attività formative, per poter diffondere la conoscenza dell’olio, formare professionisti del settore, supportare lo sviluppo delle aziende olivicole e dialogare con le istituzioni e con i consumatori, un nuovo centro di riferimento per tutti gli operatori della filiera olivicola”.

A questo scopo l’Ismea è impegnata in una campagna di comunicazione, promossa dal Ministero delle Politiche agricole e che vedrà proprio negli ultimi mesi dell’anno – conclude Coldiretti Puglia - un grande dispiegamento di azioni e risorse per valorizzare presso il grande pubblico questo prodotto simbolo del Made in Italy.
Autore: Maria Giovanna Labruna 20 novembre 2024
Dal 16 al 22 novembre 2024, torna la Settimana della Cucina Italiana nel Mondo, giunta alla sua nona edizione. Il tema di quest'anno, "Dieta Mediterranea e Cucina delle Radici: Salute e Tradizione", rappresenta un omaggio al patrimonio gastronomico italiano, valorizzando gli ingredienti tipici, la sostenibilità e il legame con la terra d'origine. La Dieta Mediterranea come modello di salute e cultura Proclamata Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità dall'UNESCO nel 2010, la Dieta Mediterranea non è solo un regime alimentare, ma un vero e proprio stile di vita. Basata su ingredienti freschi, locali e stagionali, questa dieta si distingue per la sua capacità di combinare gusto e benefici per la salute. Durante la Settimana della Cucina Italiana nel Mondo, verranno proposti eventi e degustazioni che mettono al centro piatti che rispettano questa tradizione millenaria, dimostrando come sia possibile coniugare sapori autentici e benessere. La Cucina delle Radici: un viaggio nella tradizione La "Cucina delle Radici" rappresenta un ritorno alle origini, un'esplorazione dei piatti tradizionali che raccontano la storia e l'identità dei territori italiani. Dai sapori delle campagne del Sud Italia ai segreti tramandati nelle cucine delle Alpi, ogni ricetta è un tassello di un mosaico che esprime l'eterogeneità e la ricchezza della gastronomia italiana. Quest'anno, verranno approfonditi anche i concetti di sostenibilità, agricoltura biologica e lotta allo spreco alimentare, temi centrali per il futuro della ristorazione. Un programma ricco e internazionale La Settimana vedrà la partecipazione di chef italiani, esperti di alimentazione e ambasciatori del gusto, che organizzeranno showcooking, workshop e conferenze in oltre 100 Paesi. Le ambasciate e i consolati italiani saranno il cuore pulsante di questa iniziativa, promuovendo il Made in Italy e la cultura culinaria come elementi distintivi dell'identità nazionale. Un'opportunità per l'intero settore Questa edizione rappresenta una piattaforma unica per valorizzare i piccoli produttori, il patrimonio enogastronomico e l'innovazione culinaria, ponendo l'accento sull'importanza di una cucina autentica, comprensibile e sostenibile. Come sottolinea la tematica, la salute non è solo fisica, ma anche culturale e sociale, e il cibo gioca un ruolo chiave in questo equilibrio. La Settimana della Cucina Italiana nel Mondo 2024 sarà un viaggio di scoperta, consapevolezza e celebrazione del gusto, della tradizione e della salute. Un'occasione per riaffermare il valore del cibo come ponte tra culture, simbolo di identità e portavoce del futuro.
Autore: Chef Gregori Nalon 20 novembre 2024
L’articolo di Valentina Romagnoli pubblicato sul Corriere della Sera evidenzia un momento cruciale per l’alta ristorazione italiana, con la chiusura di numerosi ristoranti stellati tra il 2023 e il 2024. Tra i casi più rilevanti, si citano il trasferimento di Viviana Varese al prestigioso Passalacqua sul Lago di Como, segno di un riposizionamento strategico, e la chiusura definitiva del Bistrot di Cannavacciuolo a Novara, che riflette le crescenti difficoltà economiche del settore. Come chef Gregori Nalon, Chooking Strategist e consulente per la ristorazione, vedo quotidianamente molte realtà e posso confermare che queste chiusure derivano da un problema più ampio: il modello economico dell’alta cucina, così come è stato concepito, non è sostenibile. Troppi costi fissi, spese spropositate, ricerche esasperate per creare piatti minimalisti che, per il 60% dei clienti, risultano incomprensibili, anche se molti non lo ammettono. Questa situazione porta al collasso di un sistema costruito più sul marketing che sulla vera sostanza culinaria. Come sottolineo spesso, più del 65% dei cuochi o chef stellati non sono veri cuochi, ma semplici assemblatori di cibo, incapaci di rappresentare l’essenza della cucina. Questo fenomeno crea una ristorazione spettacolare ma distante dal cliente medio e, soprattutto, insostenibile dal punto di vista economico. Tuttavia, apprezzo l’intelligenza dell’articolo nel mettere in evidenza i grandi professionisti che fanno davvero la differenza, valorizzando chi sa cucinare e portando alla ribalta i veri talenti del settore. Utilizzare le loro immagini e storie per denunciare un sistema fallimentare è una mossa geniale, perché riesce a catturare l’attenzione su una crisi che necessita di un cambio di paradigma. La mia esperienza da consulente mi porta a credere che il futuro della ristorazione debba puntare sulla sostenibilità e sull’autenticità, abbandonando eccessi e artifici per ritrovare il valore della cucina come arte e come mestiere. È tempo di rivedere le priorità e di costruire un sistema che premi davvero il talento e la passione. Foto WEB
Autore: Maria Giovanna Labruna 18 novembre 2024
Il Veneto si conferma terra di eccellenze dolciarie grazie ai prestigiosi riconoscimenti assegnati dalla guida Pasticceri e Pasticcerie 2025 del Gambero Rosso, presentata a Palazzo di Varignana, Bologna. Una celebrazione dell’artigianalità e dell’innovazione che pone il Veneto sotto i riflettori nazionali. Tre Torte: L’Olimpo della Pasticceria Tre pasticcerie venete conquistano il massimo riconoscimento delle Tre Torte, simbolo di eccellenza assoluta: Pasticceria Biasetto (Padova): Un punto di riferimento storico per i dolci raffinati. Pasticceria Marisa (San Giorgio delle Pertiche, PD): Un nome sinonimo di tradizione e innovazione. Pasticceria Denis Dianin (Selvazzano Dentro, PD): Una straordinaria new entry che si è guadagnata un posto d'onore. Le Due Torte: Brillano le Stelle Emergenti Non da meno sono le pasticcerie venete premiate con le Due Torte, che continuano a elevare il panorama gastronomico regionale: Fondente (Roncade, TV) Davenicio (Arzignano, VI) Alverà (Cortina D’Ampezzo, BL) Caffè Commercio (Dolo, VE) Pasticceria Busato (Isola della Scala, VR) Il Chiosco (Lonigo, VI) Dino Pettenò (Mestre, VE) Zizzola 1895 (Noale, VE) Racca (Padova) Il riconoscimento del Gambero Rosso non è solo un premio alla qualità, ma una celebrazione della passione, della creatività e del duro lavoro degli artigiani dolciari veneti. Come sottolineato dal governatore Luca Zaia, queste pasticcerie sono ambasciatrici della cultura gastronomica regionale, unendo tradizione e innovazione per portare in alto il nome del Veneto. Un motivo di orgoglio per la regione e un invito a scoprire le sue delizie dolciarie, simbolo di un’arte che non smette mai di stupire. Foto social Luca Zaia
Autore: La redazione 18 novembre 2024
La celebre rivista britannica di viaggi Time Out ha decretato Napoli come la città in cui si mangia meglio al mondo. Un riconoscimento prestigioso che celebra l’unicità e la qualità della cucina partenopea, elevandola a simbolo globale del gusto e della convivialità. Un primato meritato Napoli non è solo pizza, anche se la sua versione originale, la Margherita, è un patrimonio UNESCO e un emblema della gastronomia mondiale. La città è un tripudio di sapori autentici e tradizioni culinarie tramandate di generazione in generazione. Dalla pasta fresca con il ragù, ai friarielli e salsiccia, ai dolci irresistibili come la sfogliatella e il babà, Napoli offre un’esperienza gastronomica completa, capace di conquistare ogni palato. Il giudizio di Time Out Secondo la rivista, ciò che rende Napoli unica non è solo la qualità straordinaria dei suoi piatti, ma anche il legame profondo che la città ha con il cibo. Qui, la cucina è cultura, identità e un modo di celebrare la vita. I vicoli pieni di profumi, le pizzerie storiche, i mercati rionali vivaci: tutto contribuisce a rendere Napoli un luogo magico per chi ama il cibo. Un invito a scoprire Napoli Questo riconoscimento non è solo un premio alla tradizione culinaria, ma un invito per i viaggiatori di tutto il mondo a scoprire Napoli attraverso i suoi sapori. È un omaggio a una città che ha saputo preservare la sua identità gastronomica, rendendola un punto di riferimento globale. Che si tratti di una pizza al taglio gustata passeggiando o di un pranzo in una trattoria storica, a Napoli il cibo non è solo nutrimento, è un’esperienza di vita. Napoli è, oggi più che mai, il luogo dove il gusto diventa arte. Se non ci siete ancora stati, è il momento giusto per lasciarsi conquistare.
Autore: La redazione 18 novembre 2024
A tre anni dall'apertura, il Mercato Centrale di Milano si conferma un punto di riferimento per gli amanti della gastronomia e un motore economico per la città. Situato nella suggestiva cornice di Piazza Duca d’Aosta, a pochi passi dalla Stazione Centrale, questa "boutique" del gusto ha conquistato cittadini, turisti e professionisti con un’offerta culinaria unica e di alta qualità. Un successo da 21 milioni di euro Il Mercato Centrale ha registrato un fatturato di 21 milioni di euro, un risultato che testimonia l’efficacia del progetto. Con decine di botteghe artigianali e ristoratori di fama, l’hub gastronomico è diventato una tappa obbligata per chi cerca eccellenze culinarie. I numeri parlano chiaro: migliaia di visitatori ogni mese, tra cui molti turisti attratti dalla fama internazionale di Milano e dalla sua cultura del cibo. Un luogo per tutti Non solo turisti, però. Il Mercato Centrale è anche un punto di riferimento per i lavoratori della zona, che lo scelgono per pranzi veloci, aperitivi o cene dopo il lavoro. La varietà dell’offerta, che spazia dalla cucina tradizionale italiana a proposte internazionali, rende questo spazio accessibile e adatto a tutte le esigenze. Il segreto del successo La chiave del successo del Mercato Centrale risiede nell’equilibrio tra tradizione e innovazione. Ogni bottega è un’esperienza a sé, gestita da artigiani che raccontano storie di passione e dedizione attraverso i loro prodotti. A ciò si aggiunge un design moderno e accogliente, che trasforma l’acquisto o il pasto in un momento piacevole e conviviale. Uno sguardo al futuro Con un impatto economico significativo e una clientela sempre più variegata, il Mercato Centrale di Milano guarda al futuro con ottimismo. L’obiettivo è continuare a crescere, ampliando l’offerta e consolidando il suo ruolo di ambasciatore della cultura gastronomica italiana. In soli tre anni, il Mercato Centrale ha dimostrato che il cibo può essere un linguaggio universale capace di unire persone, storie e sapori. E Milano, ancora una volta, si conferma una capitale del gusto.
Autore: Teresa De Petro 18 novembre 2024
E’ salita al 22,3% l’incidenza della povertà relativa in Puglia, con quasi 900mila pugliesi a rischio indigenza che per Natale potrebbero essere costretti a chiedere aiuto per mangiare, facendo ricorso alle mense per i poveri o ai pacchi alimentari. La denuncia arriva da Coldiretti Puglia, che nella Basilica dei Santi Medici a Bitonto ,ha dato vita all’offertorio della condivisione dei doni della terra, proprio nella giornata mondiale dei poveri, in occasione della Giornata del Ringraziamento, la tradizionale ricorrenza che dal 1951 viene festeggiata dalla Coldiretti in tutta Italia con una manifestazione promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana (Cei) per rendere grazie per il raccolto dei campi e chiedere la benedizione sui nuovi lavori. Con la percentuale delle famiglie che hanno bisogno di aiuto per mangiare che è passata dal 20% del 2022 al 22,3% del 2023, sulla base dei dati ISTAT, Coldiretti ha reso strutturali le iniziative di solidarietà, un segno tangibile della filiera agroalimentare verso le fasce deboli della popolazione più colpite dalle difficoltà economiche. La povertà alimentare tra i minori – sottolinea la Coldiretti regionale – è cresciuta prima per effetto della pandemia e poi della guerra con l’aumento dell’inflazione che ha colpito duramente la spesa e messo in difficoltà un numero crescente di famiglie con un balzo del 12% degli under 15 anni costretti a ricorrere agli aiuti per mangiare, ma a rischio alimentare ci sono anche gli anziani e i migranti stranieri. Fra i nuovi poveri – continua la Coldiretti – ci sono coloro che hanno perso il lavoro, piccoli commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere, le persone impiegate nel sommerso che non godono di particolari sussidi o aiuti pubblici e non hanno risparmi accantonati, come pure molti lavoratori a tempo determinato o con attività saltuarie, persone e famiglie che mai prima d’ora – precisa la Coldiretti – avevano sperimentato condizioni di vita così problematiche. La stragrande maggioranza di chi è stato costretto a ricorrere agli aiuti alimentari lo fa attraverso la consegna di pacchi alimentari – insiste Coldiretti – che rispondono maggiormente alle aspettative dei nuovi poveri (pensionati, disoccupati, famiglie con bambini) che, per vergogna, prediligono questa forma di sostegno piuttosto che il consumo di pasti gratuiti nelle strutture caritatevoli. In tutti i mercati contadini è attiva la ‘spesa sospesa’, dove i consumatori hanno la possibilità di fare una donazione libera grazie alla quale acquistare prodotti a favore dei più bisognosi, sul modello dell’usanza campana del “caffè sospeso”, quando al bar si lascia pagato un caffè per il cliente che verrà dopo. In questo caso si tratta di frutta, verdura, formaggi, salumi e ogni tipo di genere alimentare Made in Italy, di qualità e a km zero tra quelli proposti dagli agricoltori di Campagna Amica, con la spesa raccolta che viene poi consegnata agli enti caritativi e ai servizi sociali dei Comuni. Sono oltre 10 milioni i chili di cibo per le famiglie bisognose raccolti negli ultimi sei anni dagli agricoltori della Coldiretti attraverso la Spesa sospesa nei mercati contadini di Campagna Amica. E’ il bilancio dell’iniziativa di solidarietà promossa da Coldiretti e Fondazione Campagna Amica per sostenere le fasce della popolazione sempre più in difficoltà., come evidenziato dal rapporto Caritas. Un’operazione che, grazie alla collaborazione e alla solidarietà dei consumatori italiani, ha consentito di dare un piccolo aiuto a oltre 400mila nuclei familiari, con circa 100mila i bambini in condizione di grave privazione.
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