Autore: Chef Antonio Peluso 22 dicembre 2025
Il primo atto d’amore verso il piatto Quando parlo di baccalà, parto sempre dall’ammollo. Non lo considero una semplice fase preparatoria, ma il primo, vero atto d’amore verso questo piatto. È in questo momento che il baccalà inizia il suo percorso di ritorno alla cucina e alla vita, ed è qui che si decide gran parte del risultato finale. Il baccalà va sempre immerso completamente in acqua fredda, in un contenitore capiente, senza alcuna costrizione. Deve avere spazio, libertà, possibilità di distendersi. Forzarlo significa compromettere l’ammollo in modo irregolare e alterare la struttura delle sue fibre. Cambio l’acqua almeno due volte al giorno, per un minimo di tre giorni. Ma tengo sempre a precisare una cosa: non esiste una regola unica valida per tutti i baccalà. Ogni pezzo è diverso. Il tempo necessario dipende dallo spessore, ma soprattutto dalla parte del pesce da cui proviene. Alcuni tagli si ammorbidiscono più rapidamente, altri richiedono più attenzione, più pazienza. Per questo l’ammollo non va semplicemente contato, va seguito. Bisogna osservare, toccare, capire quando il baccalà è pronto. Il consiglio fondamentale C’è un aspetto che considero essenziale: quando sostituisco l’acqua, la nuova deve avere la stessa temperatura di quella già presente, oppure essere più fredda. Gli sbalzi termici stressano inutilmente la fibra del pesce e ne compromettono la qualità. Per questo tengo sempre sia il baccalà che l’acqua di ricambio in frigorifero. In questo modo garantisco continuità di temperatura durante tutta la fase di ammollo e rispetto pienamente la materia prima. Prima dell’acqua, prima del fuoco L’ammollo richiede pazienza, costanza e rispetto. Non è un passaggio da eseguire in fretta, ma un gesto di cura. È qui che si costruisce la base di un grande piatto di baccalà. Un grande baccalà nasce prima in acqua, e solo dopo arriva in cucina.
Autore: Gemma Caruso 22 dicembre 2025
Non è Natale a Napoli senza la cascata di miele che avvolge ogni singola pallina dorata. Gli struffoli non sono semplici dolci, ma minuscole pepite di storia che racchiudono l'essenza della convivialità partenopea. La loro origine risale ai Greci della Magna Grecia, che portarono a Napoli i primi prototipi di queste palline di pasta fritta chiamandole strongoulos. Tuttavia, la versione attuale è nata tra le mura dei conventi napoletani: le monache della Croce di Lucca e di Santa Maria in Aracoeli furono le prime a "cristallizzarli" nel miele per offrirli come dono prezioso alla nobiltà. Curiosità e Leggende tra i Vicoli Tra i vicoli di Napoli, si dice che gli struffoli siano così piccoli perché devono "invadere" ogni spazio del piatto, proprio come la gioia dovrebbe fare in ogni angolo della casa. Anticamente rappresentavano un augurio di prosperità: la loro forma sferica richiama le monete d'oro zecchino che il miele tiene unite. Un tempo, la "prova della nonna" consisteva nel lanciarne uno: se era abbastanza leggero da non far rumore cadendo, la frittura era considerata perfetta. Il Segreto della "Maturazione" Il vero segreto risiede nella pazienza. La tradizione esige che vengano preparati con 2 o 3 giorni di anticipo. Questo riposo permette al miele di cristallizzarsi e penetrare nel cuore della pasta fritta, assorbendo gli oli essenziali degli agrumi. Solo dopo 48 ore il bouquet aromatico di anice e arancia si sprigiona completamente. La Ricetta e il Procedimento Ingredienti: 500g di Farina 00, 3 Uova + 1 Tuorlo, 50g di Burro, 2 cucchiai di Zucchero, scorza di limone/arancia e un bicchierino di liquore all'Anice. Per condire: 350g di Miele millefiori, diavolilli (confettini) e canditi (arancia e cedro). L'Impasto: Lavorate gli ingredienti fino a ottenere un panetto liscio; lasciatelo riposare per 30 minuti. La Formatura: Create cordoncini sottili e tagliateli in cubetti minuscoli. La Frittura: Immergeteli in olio di semi bollente finché non risulteranno dorati. La Mielatura: Sciogliete il miele a fuoco lento, unite gli struffoli e mescolate con cura. Composizione: Formate una corona e decorate con i diavolilli mentre il miele è ancora caldo. L’Anima del Natale Campano: Brindisi e Tradizione In Campania, sebbene il panettone e il pandoro siano ospiti graditi, gli struffoli restano i protagonisti assoluti. Rappresentano l'anima della festa: mentre i dolci industriali si affettano con precisione, lo struffolo si condivide "a pizzichi", un rito collettivo che unisce le generazioni. Per chiudere in bellezza, l'abbinamento ideale spazia dai classici del territorio, come un Nocillo artigianale o un Limoncello ghiacciato, a scelte più ricercate come un Prosecco di Valdobbiadene, perfetto per pulire il palato, o un Passito di Pantelleria, capace di esaltare la persistenza aromatica del miele senza sovrastarla. Che questa corona dorata porti dolcezza e abbondanza in ogni casa. Buon Natale a tutti!
Autore: Maria Giovanna Labruna 20 dicembre 2025
Buona la prima, grande successo anche nella seconda giornata. Sol and the City Sud sta registrando un’elevata affluenza di pubblico all’area fieristica di Catanzaro, confermandosi già come uno degli eventi enogastronomici più rilevanti del Sud Italia. La manifestazione, in programma il 19 e 20 dicembre, è entrata oggi nel vivo, dopo l’inaugurazione ufficiale di ieri che ha visto Manuela Arcuri tagliare il nastro, dando il via alla prima edizione calabrese dell’evento dedicato all’olio extravergine d’oliva. Promosso dalla Regione Calabria – Dipartimento Agricoltura, in sinergia con Veronafiere e con il supporto organizzativo di Arsac, Sol and the City Sud rappresenta la declinazione meridionale di SOL Expo, la prestigiosa rassegna internazionale dedicata all’olio EVO che si svolge a Verona. Un format che rafforza il percorso avviato con Vinitaly and the City e con il Merano Wine Festival a Cirò, puntando sulla valorizzazione delle eccellenze agroalimentari del territorio. Nella seconda giornata, in contemporanea con altri grandi appuntamenti fieristici di settore come il SIGEP, Catanzaro si conferma polo attrattivo per pubblico, operatori e appassionati. Sono circa cento le aziende presenti, provenienti non solo dalla Calabria ma anche da Campania e Basilicata, a testimonianza di una manifestazione che guarda al Mezzogiorno come sistema produttivo integrato e competitivo. Il programma, fitto e articolato, alterna momenti di approfondimento tecnico e culturale a degustazioni guidate, focus su benessere e cosmesi, attività dedicate alle famiglie e show cooking di alto livello, capaci di coinvolgere un pubblico trasversale e numeroso. L’evento sta generando anche un significativo indotto turistico, con presenze arrivate da diverse aree della regione e da fuori Calabria. A impreziosire la manifestazione, una lunga lista di ospiti di rilievo del mondo della cucina, della comunicazione e dello spettacolo: dal maestro Luciano Sorbillo a Fabio Campoli, Andrea Mainardi, Federico Fusca, Francesco Aquila, Peppone Calabrese, Andrea Micale e Michele Monopoli, fino a Bianca Luna Santoro, Gioacchino Bonsignore e Francesca Gambacorta. Presenze che contribuiscono a rafforzare la visibilità nazionale dell’evento e a raccontare l’olio come prodotto identitario, contemporaneo e strategico. Sol and the City Sud si conferma così non solo una fiera, ma una piattaforma di promozione territoriale e culturale, capace di unire tradizione e innovazione e di posizionare la Calabria al centro del racconto dell’olio extravergine d’oliva di qualità.
Autore: Nicoletta Montesano 19 dicembre 2025
L’immagine è iconica: una tavola delle feste, flute di Champagne e un piatto di ostriche crude per inaugurare la cena di Natale o di Capodanno. Un rituale che evoca lusso, freschezza e raffinatezza. Tuttavia, dal punto di vista della sicurezza alimentare, non è mai una scelta priva di rischi, soprattutto nei mesi invernali. Un errore molto comune è confondere la freschezza con la sicurezza. Essere in un ristorante stellato, acquistare in una pescheria rinomata o pagare un prezzo elevato non garantisce l’assenza di virus. La contaminazione da norovirus, il principale responsabile di gastroenteriti legate al consumo di molluschi crudi, non dipende dalla qualità del locale né dalla competenza dello chef. Le ostriche, come tutti i molluschi bivalvi, sono organismi filtratori: concentrano nel loro organismo tutto ciò che è presente nell’acqua in cui vivono. Se l’area di raccolta è contaminata, il prodotto arriva ugualmente contaminato, sia nel ristorante di lusso sia nel banco refrigerato del supermercato o nella boutique gourmet. Perché il rischio aumenta proprio durante le feste? • Il norovirus è più diffuso nei mesi freddi, proprio tra novembre e marzo • Le ostriche spesso non vengono cotte, eliminando l’unico trattamento realmente efficace contro i virus • I controlli sanitari riducono il rischio batterico, ma non eliminano completamente quello virale • Bastano pochissime particelle virali per causare l’infezione Il risultato? Un alimento apparentemente “nobile” può trasformare una cena memorabile in giorni di nausea, vomito, diarrea e febbre, soprattutto in soggetti fragili come anziani, bambini e persone immunodepresse. Consigli pratici per consumare pesce crudo in sicurezza Se non vuoi rinunciare al crudo durante le feste, segui queste regole fondamentali: 1. Preferisci il pesce abbattuto Il pesce destinato al consumo crudo deve essere abbattuto a -20 °C per almeno 24 ore (obbligatorio per legge). Attenzione: l’abbattimento elimina i parassiti (come Anisakis), ma non i virus. 2. Evita i molluschi crudi Ostriche, cozze, vongole e fasolari sono gli alimenti a maggior rischio virale. Se li ami, consumali ben cotti: la cottura è l’unico metodo davvero efficace. 3. Non fidarti solo dell’aspetto Un’ostrica viva, profumata e appena aperta può comunque essere contaminata. Il virus è invisibile, inodore e insapore. 4. Fai attenzione a casa Se prepari crudi in casa: • Usa utensili separati • Lava accuratamente le mani • Mantieni la catena del freddo • Consuma subito il prodotto 5. Valuta chi hai a tavola Se ci sono anziani, bambini, donne in gravidanza o persone con difese immunitarie ridotte, il pesce crudo è sconsigliato. In conclusione Le ostriche crude restano un simbolo di festa e mondanità, ma non sono mai una scelta completamente sicura, soprattutto a Natale e Capodanno. La vera eleganza oggi è la consapevolezza: conoscere i rischi, fare scelte informate e proteggere la salute propria e degli ospiti.
Autore: La Redazione 19 dicembre 2025
La cucina italiana, riconosciuta oggi come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO, rappresenta molto più di una semplice arte culinaria: è un linguaggio universale che unisce storia, territorio e cultura del saper fare. Ogni piatto racconta storie antiche, trasmette valori e mantiene viva l’identità di un Paese che sa trasformare ingredienti semplici in esperienze uniche. In questo contesto, Pasta Valdoro emerge come un autentico ambasciatore della qualità italiana. La sua linguina, frutto di una lavorazione artigianale attenta e rispettosa della materia prima, offre una consistenza perfetta e una tenuta impeccabile in cottura, caratteristiche fondamentali per esaltare ogni condimento senza mai comprometterne il gusto. La bontà di Pasta Valdoro non risiede solo nel sapore, ma nella capacità di coniugare tradizione e contemporaneità, rendendo ogni piatto un omaggio alla cultura gastronomica italiana. Chef e appassionati la scelgono non solo per la qualità tecnica, ma per la sua capacità di raccontare, in ogni forchettata, la storia e l’eccellenza del nostro Paese. In questo scenario, la cucina italiana patrimonio UNESCO non è soltanto memoria: è innovazione che rispetta le radici. La sua valorizzazione passa attraverso eccellenze come Pasta Valdoro, capaci di interpretare il presente senza tradire l’autenticità delle tradizioni. È questo equilibrio tra passato e futuro che rende la gastronomia italiana un vero tesoro culturale, da preservare e rinnovare ogni giorno, anche nel piatto. Ricetta di Chef Pamela Liccardo
Autore: Dott.ssa Roberta Leone 19 dicembre 2025
Le festività natalizie sono, per tradizione, un periodo di convivialità e abbondanza. Pranzi lunghi, dolci tipici, brindisi ripetuti: concedersi qualche eccesso è del tutto normale. Una delle preoccupazioni più frequenti tra le persone che hanno intrapreso un percorso nutrizionale, soprattutto dopo aver perso diversi chili, è quella di riprendere peso e vanificare i sacrifici fatti. È importante chiarire fin da subito un concetto fondamentale: gli sgarri di Natale non vanno puniti, ma riequilibrati. È un messaggio che ripeto spesso anche nel mio studio, invitando i pazienti a vivere le feste con serenità, senza sensi di colpa. Il nostro organismo, infatti, possiede meccanismi di autoregolazione molto efficienti e, soprattutto, il peso perso non può essere ripreso in pochi giorni. Per questo motivo non serve allarmarsi, ma adottare alcuni semplici accorgimenti per favorire il ritorno all’equilibrio. Il primo passo è una corretta idratazione. L’eccesso di sale, zuccheri e alcol tipico delle festività favorisce la ritenzione idrica e appesantisce il lavoro di fegato e reni. Bere acqua in modo regolare, affiancata da tisane digestive o drenanti e brodi leggeri, aiuta l’organismo a eliminare le scorie accumulate e a ritrovare una sensazione di leggerezza. In alcuni casi può essere utile anche il supporto di un drenante, sempre valutato con criterio. Nei giorni successivi alle feste è consigliabile semplificare l’alimentazione, eliminando i cibi ultra-processati. Verdure crude e cotte, proteine magre, cereali integrali in quantità moderate e grassi di buona qualità, come l’olio extravergine d’oliva, rappresentano una base equilibrata. L’obiettivo non è togliere, ma alleggerire, restituendo al sistema digestivo tempi e spazi fisiologici. Un altro aspetto spesso trascurato riguarda l’equilibrio intestinale. Gonfiore addominale, alvo irregolare e senso di affaticamento sono disturbi frequenti dopo periodi di alimentazione disordinata. Ripristinare una corretta funzionalità intestinale, attraverso l’introduzione di fibre e alimenti fermentati, è fondamentale per sostenere il metabolismo e migliorare la digestione. Anche il movimento gioca un ruolo chiave, ma va interpretato correttamente. L’attività fisica non deve essere vissuta come una punizione per “smaltire” ciò che si è mangiato. Camminate quotidiane, attività dolce e una graduale ripresa dell’esercizio aiutano a stimolare la circolazione, migliorare la sensibilità insulinica e favorire il benessere generale. Infine, è importante ridimensionare il ruolo della bilancia. Nei giorni successivi al Natale, l’aumento di peso è spesso legato a ritenzione idrica e infiammazione, più che a un reale incremento della massa grassa. Parametri come energia, qualità del sonno e sensazione di leggerezza sono indicatori molto più affidabili dello stato di salute. In conclusione, il periodo post-festivo non richiede soluzioni drastiche, ma un ritorno graduale alla normalità. Un’alimentazione equilibrata e consapevole non è quella priva di eccezioni, ma quella capace di adattarsi ai diversi momenti della vita, senza sensi di colpa e senza estremismi. Buone feste .
Autore: Sabrina Altamura 16 dicembre 2025
In Puglia il Natale è un intreccio di storia, cultura e identità: sagre, mercatini, fiere e mostre animano borghi e città, trasformandoli in luoghi di incontro, di luce e di memoria condivisa. Ogni paese pugliese custodisce tradizioni uniche, dolci tipici, profumi inconfondibili, giochi di luci e colori che raccontano un territorio ricco di valori e di bellezza. A dominare il periodo natalizio sono tonalità simboliche e senza tempo: il rosso, il verde, l’oro e il bianco, veri protagonisti di questa stagione magica. Proprio ispirandomi alla volontà di rivivere le tradizioni, tipica di questo periodo, mi piacerebbe citare una mostra, ideata dall’associazione culturale" I colori dell’anima" dedicata all’evoluzione degli abiti da sposa, dagli anni Venti fino ai giorni nostri. Un percorso che attraversa epoche diverse, mettendo in luce le tradizioni pugliesi legate al matrimonio, le usanze, i valori familiari e sociali che da sempre accompagnano questo rito, celebrando uno stile autentico e inconfondibilmente pugliese. Infatti essa ha riscontrato molto successo proprio per questo mix di tradizioni, costumi e storia. ​Questo legame tra Natale e matrimonio si ritrova anche nel simbolismo dei colori: il rosso rappresenta l’energia e la forza che ci sostengono, il verde è emblema di speranza e rinascita, l’oro richiama la luce divina, mentre il bianco racconta la purezza e l’innocenza. Attraverso tradizioni, colori e abiti, il Natale in Puglia diventa così un racconto corale, capace di unire passato e presente, memoria e identità, in un’unica, preziosa narrazione. #lostilepugliesetianimalavita
Autore: Maria Giovanna Labruna 16 dicembre 2025
Ha preso ufficialmente il via Host Arabia, il nuovo format fieristico organizzato da Fiera Milano in collaborazione con Semark e Hospitality Services, con la partnership strategica della Culinary Arts Commission (CAC). L’evento, in programma fino al 17 dicembre 2025 presso il Riyadh Front Exhibition & Conference Center, segna il primo progetto internazionale di Host Milano, manifestazione leader globale per il settore dell’hospitality, del fuoricasa e del food retail. Un debutto di grande rilevanza strategica, che conferma la capacità di Fiera Milano di esportare format di successo e di creare piattaforme di business in mercati ad alto potenziale. Host Arabia si svolge in contemporanea con Horeca Riyadh, Salon du Chocolat et de la Pâtisserie Riyadh e Saudi Elite Chefs, dando vita a un ecosistema fieristico integrato che riunisce oltre 500 espositori da 60 Paesi, su un’area complessiva di 42.000 metri quadrati, con 50.000 visitatori professionali attesi. Un ponte strategico tra Italia e Arabia Saudita “Host Arabia concretizza l’impegno di Fiera Milano a cogliere le opportunità dei mercati internazionali per le aziende italiane”, ha dichiarato Carlo Bonomi, Presidente di Fiera Milano. “Portare il format di Host Milano in Arabia Saudita significa valorizzare il Made in Italy e il know-how delle nostre imprese, favorendo collaborazioni strategiche in un contesto reso particolarmente attrattivo dal piano Vision 2030, che prevede investimenti per 800 miliardi di dollari nel settore dell’ospitalità”. Sulla stessa linea Roberto Foresti, Vicedirettore Generale di Fiera Milano, che ha sottolineato come l’iniziativa rientri nella strategia di internazionalizzazione del Gruppo: “Attraverso progetti come Host Arabia rafforziamo il ruolo di Fiera Milano come hub globale, capace di connettere mercati, culture e competenze, supportando le aziende in mercati in forte espansione”. Per Jad Taktak, CEO di Semark Group, Host Arabia rappresenta “una piattaforma unificata che riunisce decenni di esperienza e innovazione da tutto il mondo, a supporto dell’ambiziosa visione del Regno di trasformare Riyadh in una destinazione globale di eccellenza”. Di particolare rilievo la partecipazione italiana, che conferma il ruolo centrale del nostro Paese nel settore dell’ospitalità professionale. Accanto a importanti aziende presenti individualmente – tra cui Ali Group, Angelo Po Grandi Cucine, Caffè Carraro, Giganplast, IMA Group, Principessa, Pasolini, Sanelli Ambrogio e Studio54 – spicca una collettiva ufficiale di 15 imprese italiane, organizzata con il supporto di ICE – Agenzia e del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. La delegazione rappresenta il meglio della manifattura e della tecnologia italiana nei comparti delle attrezzature, degli arredi, del caffè e dei semilavorati, con marchi come Poltrona Frau, Caffitaly System, Laudarte, Trismoka, Fhiaba, Tessitura Perego e molte altre realtà simbolo di qualità, design e innovazione. Eventi, competizioni e alta formazione Oltre all’offerta espositiva, Host Arabia e le manifestazioni collegate propongono un ricco programma di eventi, masterclass e competizioni, con il coinvolgimento di oltre 70 chef e relatori internazionali. Tra gli appuntamenti di punta figurano l’Hospitality Salon Culinaire, i contest Saudi Barista e Mocktail Competitions, oltre agli Horeca Talks, dedicati a innovazione, sostenibilità e futuro dell’ospitalità nel Regno. Grande attenzione anche al mondo della pasticceria con il Salon du Chocolat et de la Pâtisserie Riyadh, che riunisce 40 maestri pasticceri e cioccolatieri internazionali, e alla valorizzazione della cucina locale con Saudi Elite Chefs, competizione promossa dalla Culinary Arts Commission per celebrare e far crescere i talenti sauditi. Un nuovo hub globale per l’hospitality Con Host Arabia, Riyadh si afferma come hub strategico per l’ospitalità nel Medio Oriente, in linea con gli obiettivi di sviluppo del turismo e del food service del Golfo. L’alleanza tra competenze internazionali e talento locale inaugura una nuova fase di leadership regionale, in cui business, cultura e innovazione si intrecciano per definire il futuro dell’industria hospitality. Un debutto che guarda lontano e che, ancora una volta, vede l’Italia protagonista sulla scena globale.
Autore: La Redazione 14 dicembre 2025
In una serata in cui il Cinema ha incontrato l’anima più autentica del territorio, il Vesuvius Film Festival , dedicato al genio immortale di Federico Fellini, ha acceso i riflettori non solo sul grande schermo, ma anche sull’eccellenza gastronomica partenopea. La brigata protagonista dell’evento ha avuto l’onore di firmare la Cena di Gala riservata agli illustri ospiti della serata: artisti e attori pluripremiati in Italia e all’estero, fino a Los Angeles, protagonisti di cortometraggi girati nella amata Campania. Tra i momenti più significativi, l’incontro con gli autori e i protagonisti di opere premiate come “Mozzarella”, cortometraggio simbolo di identità, radici e talento. Un menù che racconta Napoli La Cena di Gala è stata concepita come un autentico racconto gastronomico, un viaggio sensoriale attraverso i sapori più rappresentativi della tradizione partenopea, interpretati con eleganza, rispetto e uno sguardo contemporaneo. Antipasto Salumi artigianali di nicchia firmati I Mandriani, con picagna e bresaola impreziosite da colatura di alici, raffinato omaggio al mare campano. Primo piatto Pacchero al ragù napoletano con salsiccia affumicata, espressione autentica della cucina di casa, simbolo di convivialità e memoria. Secondo piatto Spezzatino di fassona con ribes nero e cannella, adagiato su crema di zucca e petali di zucca brasata, in un equilibrio armonico tra intensità, delicatezza e ricerca. Dessert A chiudere la serata, la Delizia ai Limoni di Amalfi, emblema di freschezza, luce e identità territoriale. La brigata: il cuore pulsante dell’evento A rendere possibile questa esperienza gastronomica è stata una brigata affiatata, competente e profondamente appassionata, capace di trasformare una cena di rappresentanza in un momento memorabile. La brigata di cucina: • Giovanna Cuomo • Salvatore Auletta • Ubaldo Pucillo • Nicola De Falco • Adele Camerlengo Professionisti che hanno operato in perfetta sinergia, mettendo tecnica, sensibilità e amore per la cucina al servizio dell’evento e dei suoi ospiti. Un incontro tra Arte e Identità La serata ha rappresentato molto più di una Cena di Gala: è stata la celebrazione di un legame profondo tra cinema, cultura e territorio, tra visione artistica e tradizione culinaria. Un palcoscenico d’eccellenza in cui la Campania ha saputo raccontarsi con orgoglio, emozione e grande professionalità. Perché, proprio come il grande Cinema, anche la cucina sa lasciare il segno. Articolo a cura della Redazione.
Autore: Chef Gregori Nalon Cooking Strategist 14 dicembre 2025
Nel panorama gastronomico italiano ed europeo, stanno emergendo con sempre maggiore forza realtà capaci di integrare la pasticceria artigianale con piccole torrefazioni di caffè, dando vita a veri e propri hub sensoriali in cui dolce e caffè dialogano attraverso proposte curate, identitarie e ad alto valore aggiunto. Questo modello risponde a una domanda crescente di autenticità, qualità e storytelling, elementi ormai centrali nelle scelte dei consumatori contemporanei. Trend di mercato: dolce e caffè in sinergia Il mercato dei dolci e della pasticceria artigianale continua a mostrare segnali di vitalità. Secondo i dati dell’Osservatorio Sigep, la categoria dessert è cresciuta del 6% in Europa e del 2,3% in Italia negli ultimi dodici mesi, sostenuta da un interesse sempre più marcato verso prodotti artigianali, creativi e legati al territorio. Parallelamente, il comparto del caffè sta vivendo una fase di profonda evoluzione: il consumo si orienta verso miscele premium e caffè di qualità, con una particolare attenzione alla provenienza del chicco e ai processi produttivi. Le torrefazioni italiane registrano infatti un incremento delle esportazioni del +22% verso i mercati asiatici, trainato dalla domanda di prodotti autentici e fortemente identitari. La torrefazione artigianale rappresenta oggi uno dei segmenti più dinamici del settore. Le realtà di dimensioni contenute si distinguono per la capacità di valorizzare: le origini del caffè, la tracciabilità della filiera, profili aromatici complessi e riconoscibili. Questi elementi incontrano le aspettative di un consumatore sempre più consapevole ed esigente e favoriscono un’integrazione naturale con la pasticceria artigianale, dando vita a abbinamenti dolce–bevanda di alto livello, capaci di elevare l’esperienza complessiva. L’unione tra produzione dolciaria e tostatura interna del caffè consente di ottenere benefici concreti: Un’esperienza cliente distintiva, in cui la lavorazione artigianale diventa parte integrante del momento di consumo. Una brand identity forte, capace di differenziarsi dai format tradizionali di bar e caffetteria. Maggiore marginalità, grazie alla proposta di prodotti premium, dalle specialità di pasticceria ai blend di caffè personalizzati. Valorizzazione del locale come luogo di cultura gastronomica, non solo come spazio di consumo rapido. Cokito: un modello di eccellenza italiana In questo scenario si inserisce in modo autorevole Cokito, realtà che da oltre 40 anni rappresenta un’eccellenza calabrese nel mondo del caffè artigianale. L’azienda incarna perfettamente il modello integrato di qualità, competenza e visione. Guidata oggi dalla nuova generazione, sotto la direzione di Marisa Manna, Cokito continua a portare avanti gli ideali del fondatore Domenico Angiuli, con uno sguardo rivolto al futuro. La crescita dell’azienda è sostenuta da un team in continua evoluzione, formato e coinvolto in ogni fase del processo produttivo. Cokito segue internamente tutte le fasi della filiera: ricerca e selezione della materia prima, tostatura del caffè, distribuzione del prodotto finito, con l’obiettivo di garantire la miglior tazzina di caffè possibile. La conoscenza, la formazione continua e la condivisione del know-how sono valori centrali, trasmessi a collaboratori e professionisti del settore affinché ciascuno si senta parte integrante della famiglia Cokito. Elemento distintivo dell’azienda è il lavoro dei Mastri Tostatori, veri custodi dell’arte della miscelazione e della tostatura. La selezione di caffè provenienti da origini differenti e il delicato processo di arrostimento definiscono il carattere unico delle miscele Cokito. Durante la tostatura, il chicco attraversa continui mutamenti chimico-fisici che richiedono massima attenzione, esperienza e sensibilità. Al termine del processo, ogni lotto viene sottoposto a rigorosi test di assaggio per garantire costanza qualitativa, equilibrio aromatico e riconoscibilità del prodotto. Con la crescita dell’export del caffè artigianale italiano e l’espansione internazionale delle pasticcerie di qualità, il modello di pasticceria con torrefazione integrata è destinato a rafforzarsi ulteriormente nel 2026 e oltre. La valorizzazione delle competenze artigianali, l’attenzione alle materie prime e la costruzione di un’esperienza cliente multisensoriale rappresentano i principali fattori di successo. In questo contesto, Cokito si conferma come interprete autentico del Made in Italy, capace di unire tradizione, innovazione e cultura del gusto, promuovendo l’eccellenza italiana anche sui mercati internazionali.
Autore: Cinzia Tattini 11 dicembre 2025
Montagna, ghiacciai e cultura del cibo: l’Italia celebra un patrimonio fragile e prezioso L’11 dicembre, in occasione della Giornata Internazionale della Montagna, lo sguardo del mondo torna sulle vette che custodiscono un patrimonio naturale e culturale di valore inestimabile. Le montagne non sono soltanto paesaggi mozzafiato: sono ecosistemi delicati, territori di identità profonde, luoghi in cui l’uomo ha imparato a convivere con la natura sviluppando tradizioni, saperi e una cucina capace di raccontare secoli di resilienza. Tra i simboli più intensi della montagna ci sono i ghiacciai, vere “sentinelle del clima”. Oggi il loro arretramento è un allarme globale: custodiscono risorse idriche fondamentali, influenzano gli equilibri ambientali e testimoniano i cambiamenti climatici in atto. Proteggerli significa proteggere la biodiversità, l’agricoltura di quota e le comunità che vivono grazie alle loro risorse. Il rispetto della montagna passa anche dai comportamenti quotidiani: percorrere i sentieri con attenzione, ridurre l’impatto ambientale del turismo, sostenere pratiche agricole tradizionali e piccoli produttori che mantengono vivo il paesaggio culturale delle terre alte. Il cibo di montagna: un’eredità culturale che parla di identit à La vita in quota ha forgiato una gastronomia autentica, nata dalla necessità e divenuta oggi una delle espressioni più riconoscibili del territorio. Le cucine di montagna – dalle Alpi agli Appennini – raccontano una storia fatta di materie prime essenziali, lavorazioni antiche e sapori netti. Formaggi d’alpeggio, burri profumati, salumi affumicati, zuppe nutrienti, polente, erbe spontanee, funghi e castagne: ogni piatto narra un rapporto intimo con l’ambiente, con la stagionalità e con la ritualità del lavoro agricolo. Queste ricette non sono solo tradizioni gastronomiche: sono un modo per preservare l’identità dei piccoli borghi, sostenere l’economia locale e difendere una biodiversità che oggi rischia di perdersi. L’Italia e l’UNESCO: un riconoscimento alla cultura del cibo Il recente inserimento della cucina italiana nel Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità UNESCO rappresenta un riconoscimento al valore sociale e comunitario del nostro modo di produrre e condividere il cibo. La montagna ha un ruolo decisivo all’interno di questo patrimonio: molte delle eccellenze italiane nascono proprio nelle terre alte. Pensiamo ai formaggi d’alpeggio a latte crudo, ai vini eroici coltivati su pendii estremi, ai pani di lunga conservazione, alle carni conservate con tecniche tramandate da generazioni. Sono prodotti che parlano di sostenibilità, di adattamento, di creatività e di un legame profondo con l’ambiente. La montagna contribuisce così a definire l’immenso mosaico gastronomico italiano, rendendolo unico al mondo. La Giornata Internazionale della Montagna invita a riflettere su quanto questi territori siano preziosi e vulnerabili. Difendere le montagne significa difendere le comunità che le abitano, la memoria culturale, i paesaggi e il cibo che da essi prende vita. Oggi più che mai, la tutela della montagna è una responsabilità condivisa: un impegno verso le generazioni future e verso un patrimonio che ci rappresenta.
Autore: Maria Giovanna Labruna 10 dicembre 2025
New Delhi, 10 dicembre 2025. L’Italia scrive una pagina destinata a rimanere impressa nella memoria culturale del Paese: la cucina italiana è stata ufficialmente riconosciuta Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO. Una proclamazione attesa, desiderata, costruita nel tempo con determinazione e visione, e annunciata oggi durante la sessione plenaria del Comitato intergovernativo . Un traguardo che non premia un singolo piatto, né una tecnica in particolare, ma l’intero universo gastronomico italiano: una rete di pratiche, saperi, gesti quotidiani e rituali che definisce da secoli l’identità del nostro popolo. Un patrimonio vivo: l’Italia raccontata attraverso la sua cucina La decisione dell’UNESCO mette al centro un concetto semplice quanto rivoluzionario: la cucina italiana non è solo cibo. È educazione familiare, cultura del convivio, memoria collettiva, rispetto per la materia prima e per il territorio, tramandati attraverso generazioni. Dai pranzi della domenica alle mani che impastano pasta fresca, dalle ricette custodite nei quaderni delle nonne alle evoluzioni contemporanee degli chef: tutto concorre a formare un ecosistema gastronomico unico, capace di unire regioni, storie e tradizioni diverse in un linguaggio condiviso. Dietro il riconoscimento c’è un percorso complesso, frutto di cinque anni di ricerca, consultazioni e lavoro culturale. Tra i protagonisti di questa lunga marcia, spicca il contributo delle istituzioni, delle associazioni gastronomiche storiche e delle comunità del cibo. Un ruolo fondamentale è stato quello della direttrice de La Cucina Italiana, Maddalena Fossati Dondero, che ha saputo trasformare un’idea in un movimento culturale nazionale, sostenendo la candidatura con passione e autorevolezza. Il dossier presentato all’UNESCO ha valorizzato non solo la ricchezza culinaria italiana, ma anche la sua forza sociale: la capacità della cucina di creare legami, includere, educare alla sostenibilità e alla biodiversità. Un riconoscimento che apre nuove prospettive L’ingresso nella lista UNESCO non è un punto di arrivo, ma l’inizio di una nuova responsabilità. Significa tutelare la qualità delle tradizioni, difendere i prodotti del territorio, investire nella formazione e nella trasmissione dei saperi alle nuove generazioni. Dal punto di vista economico e turistico, gli esperti prevedono ricadute significative: il marchio UNESCO rafforzerà il ruolo dell’Italia come capitale mondiale della gastronomia, con un prevedibile incremento del turismo enogastronomico e dell’interesse internazionale verso le filiere alimentari italiane. La proclamazione dell’UNESCO non celebra soltanto una cucina, ma un modo di vivere. La cucina italiana è un patrimonio che si costruisce ogni giorno nelle nostre case, nelle trattorie, nelle scuole, nei mercati, nei campi. Un patrimonio fatto di autenticità, creatività e rispetto: valori che, oggi più che mai, dobbiamo proteggere. Con questo riconoscimento, l’Italia non conquista solo un titolo prestigioso. Rafforza la propria identità culturale e rinnova l’impegno a preservare un’eredità che appartiene al passato, ma soprattutto al futuro.
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